La psicoterapia individuale è un incontro dialogico tra due persone, “paziente” e “terapeuta”. La cornice semantica all’interno della quale questi due termini si dispongono allude ad una epistemologia positivista che cavalca il solco delle scienze mediche. In verità, ciò che accade tra paziente e terapeuta è molto diverso dal mero scambio di informazioni che conducono a una diagnosi e, dunque, ad una cura. Dal mio punto di vista (che non è solo il mio!), la psicoterapia è un gioco di interlocuzione dialogica: due persone si incontrano e iniziano un viaggio di conoscenza reciproca, un percorso relazionale.
C’è un passo di un articolo di Diego Napolitani, “Le due gambe del procedere cognitivo”, che amo molto e che credo renda bene l’idea di ciò che può accadere nell’incontro analitico quando questo si dispone a far nascere la sofferenza intravedendo in essa un desiderio di cambiamento.
“ (…) che cosa spinge una persona a muovere le sue gambe fino al mio studio? Possiamo convenire che si tratta di una sofferenza (…). Mi dice: “Toglimi il male”. Gli rispondo “E se il male fosse l’unica finestra aperta tra il suo desiderio e il mondo?” Mi ribatte “Preferisco il buio”, gli do l’indirizzo di uno psichiatra e resto fermo sulle mie gambe. Oppure mi ribatte “Una finestra? L’avevo appena intravista, ma voglio vederla meglio e magari guardarci attraverso”. In quel momento la spinta che lo aveva condotto da me cambia, lasciandosi investire dal suo desiderio appena solleticato dalle mie parole. In questo caso succede un accordo tra le nostre spinte ed i passi cominciano, insieme, a procedere.”